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Vi presento l'autore #2Émile Zola

Buonasera lettori,

eccoci di nuovo qui con il secondo articolo della rubrica "Vi presento l'autore".

Se la prima volta vi ho introdotti alla letteratura inglese con Emily e il suo capolavoro, stasera ci spostiamo in Francia, dove conosceremo meglio Zola, uno dei più grandi esponenti della letteratura francese di fine Ottocento, autore del celebre discorso intitolato "J'accuse".

Non mi dilungo troppo nell'introduzione e comincerò subito a parlarvi della sua biografia.

Buona lettura a tutti!

Se con l'autrice di "Cime Tempestose" avevamo iniziato a sognare della bella e malinconica corrente del romanticismo, adesso dobbiamo tornare con i piedi per terra, perché Zola nei suoi romanzi non ci parla di amori tormentati e insane passioni. In capolavori come "L'Assommoir" e "Germinal" l'autore si incentra sopratutto su quelli che erano i problemi sociali dell'epoca, di cui soffriva la classe operaia, sfruttata e senza ancora tutti i diritti di cui oggi abbiamo la fortuna di godere e a cui possiamo appellarci in caso di bisogno.

Inoltre vi è in lui una sorta di sconforto, unito ad una pungente ironia per quanto riguarda il fervore di entusiasmo e fiducia nel progresso e nella scienza che aveva preso a dilagare tra la classe borghese e che esploderà con maggior forza durante gli inizi del Novecento.





















"La scienza ha promesso la felicità? Non credo. Ha promesso la verità, e la questione è sapere se con la verità si farà mai la felicità." - Émile Zola


LA VITA

Émile Édouard Charles Antoine Zola nasce a Parigi il 2 aprile del 1840. Vi sorprenderà sapere che il suo cognome originale era Zolla, in quanto suo padre era italiano. Francesco Zolla infatti era un ingegnere nato a Venezia, che in seguito si trasferì in Francia per sposare Françoise Aubert e il suo nome subì un cambiamento linguistico.

Poco dopo la nascita del loro figlio Émile, la coppia si trasferisce in Provenza a seguito di un lavoro di ingegneria idrica commissionato al padre dello scrittore.

Nel 1845 Zola ha un primo impatto con la città di Parigi, per la quale nutre delle grandi aspettative, ma che purtroppo si rivela una vera delusione, in quanto il futuro scrittore si ritrovò davanti ad una serie di quartieri malfamati, strade sporche e case fatiscenti dove la gente si trovava ammassata. I ricordi di quella brutta esperienza saranno rievocati anni dopo nel racconto intitolato "La Banlieue".

Nel '45, dunque, Émile ha un primo assaggio del vero stato in cui versa la capitale di Francia.

Nel 1847 muore il padre e Zola viene iscritto alla Pension de Notre-Dame, un collegio elementare dove approfondisce ed amplia un'educazione di cui, grazie ai genitori e ai nonni, già conosceva le basi.

Nel 1852 viene iscritto ad un liceo, il Collège Bourbon, unico istituto laico della città. Qui Zola si rivela essere uno studente modello e nel frattempo stringe amicizia col pittore Paul Cézanne e col fisico Baille, arrivando a diventare un trio di amici inseparabili.

Nel frattempo la situazione economica per la famiglia Zola si fa sempre più difficile. La morte del padre lasciò a madre e figlio ingenti debiti, costringendo la Françoise a chiedere prestiti per far studiare il figlio e a trasferirsi in dimore sempre più modeste.

Le battaglie legali della madre vanno avanti, costringendola a ricorrere al tribunale di Parigi per avere accesso ai proventi della società di ingegneria di cui faceva parte il marito, senza ottenere alcun diritto. Zola raggiunge la madre nel '58 a Parigi, lasciando la Provenza al penultimo anno di studi.

Fu così che da una tranquilla cittadina si ritrova a vivere nel quartiere latino, immerso in una metropoli che sembra allargarsi sempre di più.

Viene iscritto al liceo Saint-Louis, dove l'ambiente snob lo disgusta profondamente. Sarà grazie al suo professore di francese, Pierre-Émile Levasseur, che Zola comincerà ad apprezzare la letteratura come mezzo di denuncia sociale.

Lo stesso anno viene colpito da tifo, che lo costringe a letto per giorni, in preda ad una febbre altissima che a momenti lo manda all'altro mondo. Lui stesso rievocherà quegli istanti di semi incoscienza nel "Primetemps. Journal d'un convalescent" affermando che la malattia avesse acuito il suo spirito letterario e la sua immaginazione.

Dal momento della sua guarigione inizia un primo periodo di produzione letteraria, con poesie, articoli di giornale e operette teatrali. Gli studi invece sono un campo ben più problematico. Inizialmente Zola aveva optato per il diploma nelle materie scientifiche, dato che suo padre era un ingegnere ed come ogni bravo figlio all'epoca si doveva necessariamente seguire la strada del proprio genitore. Tuttavia qualcosa in Émile era cambiato. Ora il giovane si trovava misteriosamente a prediligere le materie umanistiche, ma la sola passione non basta a fargli guadagnare il diploma. Viene bocciato per ben due volte.

Nel 1860 le condizioni economiche della sua famiglia gli impongono di cercarsi un lavoro, così entra a lavorare come funzionario alla dogana per la Docks Napoléon, dove viene in contatto per la prima volta con quella classe di impiegati frustrati e ridotti alla fame, dove mentre il costo della vita si alza, i salari restano invariati, facendo sì che Zola riesca a malapena a procurarsi il cibo per sfamare la famiglia.

La fiamma della vocazione letteraria, però, non si spegne.

Ora le dottrine del positivismo cominciano ad affascinarlo, tanto che assorbe la concezione secondo cui scienza e letteratura vanno di pari passo. L'opera deve essere scritta come se si studiasse un fenomeno naturale, in quanto essa è il prodotto dell'ambiente in cui è stata scritta. Inizia nello stesso periodo una relazione con una certa Berthe, donna talmente emancipata da rasentare, a detta di Zola, la prostituzione. Una relazione sicuramente scaturita dall'attrazione, ma da parte di Zola c'era un intento moralizzante, come se Berthe fosse da ricondurre sulla retta via.

Il 7 aprile del 1861 chiede che gli sia riconosciuta la nazionalità francese, in modo da potergli rendere più facile trovare un lavoro e poco tempo dopo entra a lavorare presso la casa editrice Hachette, prima come fattorino e poi come articolista. La sua carriera giornalistica lo avvicina ancora di più al positivismo.

Nel 1867 pubblica il suo primo romanzo "Thérèse Raquin" prendendo ispirazione dalla Comedie humaine di Balzac e comincia a progettare un ciclo di romanzi che ruotano attorno ad un'unica famiglia: quella dei famosi Rougon-Macquart. Il ciclo comprende le opere: "La fortuna dei Rougon" nel 1871, "La cuccagna" nel 1872, "Il ventre di Parigi" nel 1874, "La conquista di Plassans" nel 1875 "L'Assommoir" nel 1877, "Nanà" nel 1880, "Germinal" nel 1885, "La bestia umana" nel 1890 e "Il dottor Pascal" nel 1893. Le tematiche dei suoi romanzi sono sociali e molto crude, tuttavia gli fruttano la meritata fama e il denaro necessario per permettere a Zola di sposarsi e di vivere degnamente. Nel 1888 ha una relazione con la giovane cameriera della moglie, la quale gli da due figli e per la quale Zola continuerà a condurre una doppia vita anche quando la consorte scoprirà la sua infedeltà.

Nel 1898 interviene con un discorso appassionato a favore del capitano Alfred Dreyfus, ingiustamente punito e degradato con l'accusa di spionaggio, contenuto nella rivista "L'Aurore": il noto "J'Accuse". I suoi interventi politici lo resero uno dei massimi leader culturali del partito di sinistra francese.

Muore il 29 settembre del 1902 e i suoi due pargoli illegittimi porteranno il suo cognome.


LA POETICA DELLO SCRITTORE-SCIENZIATO

Zola si può tranquillamente definire il padre del Naturalismo, una corrente letteraria che costituisce un ramo del Realismo, dove la scrittura trova un'applicazione pratica dei principi scientifici, secondo i quali le caratteristiche psicologiche, fisiche e sociali di un personaggio sono determinate dall'ambiente in cui vive e lo scrittore ha il compito di osservare e descrivere minuziosamente tali caratteristiche, come se stesse osservando un fenomeno da studiare.

L'applicazione di questa poetica, porterà Zola a creare il cosiddetto romanzo sperimentale, dove la figura dello scienziato e quella dello scrittore sono l'una lo specchio dell'altra.

Tutto il ciclo dei Rougon-Macquart non è altro che l'applicazione pratica di quanto vi ho appena descritto, poiché tutta la serie di romanzi narra la storia di una famiglia nel corso delle varie generazioni, descrivendo insieme alle sue fortune e sfortune, aspetti sociali che nella società conservatrice di allora suscitarono parecchio scandalo. Zola tratta con gli occhi da scienziato tematiche come la sessualità legata al vizio, l'alcolismo, lo sfruttamento della classe operaia, la voglia di soddisfare gli istinti più bassi, esprimendo talvolta disgusto per la classe borghese che nasconde, dietro una vita apparentemente morigerata e l'ipocrisia di atti caritatevoli, avarizia e corruzione.

Vi è anche la critica alla religione, che nonostante il progredire della scienza sembra ancora accecare le classi più indigenti, mentre lo stesso progresso non fa altro che acuire la discrepanza sociale tra ricchi e poveri. La poetica del naturalismo influenzerà la nascente corrente del verismo in Italia, il cui esponente maggiore resta Giovanni Verga.


L'ASSOMMOIR

Per darvi ora un'idea di cosa sia la letteratura di Zola, vorrei portarvi come romanzo d'esempio "L'Assommoir" chiamato anche "L'Ammazzatoio" in italiano. Vi parlerò solo di questo romanzo per due motivi: il primo è dovuto al fatto che, purtroppo, non posso parlarvi di tutto il ciclo altrimenti più che un articolo verrebbe fuori una tesi di laurea (e per la sottoscritta non è ancora giunto il momento), mentre il secondo motivo riguarda la struttura del romanzo in sé e della trama, che secondo me fanno di esso il prototipo di tutta la poetica del romanzo naturalista.

"L'Assommoir" narra la travagliata vicenda di Gervaise, una donna discendente dalla famiglia Rougon-Macquart, una lavandaia trasferitasi a Parigi assieme al fidanzato Auguste Lantier, dal quale ha avuto due bambini, Étienne e Claude. Lantier è letteralmente un parassita della società, uno scansafatiche che vive sulle spalle della compagna, che presto abbandona per fuggire con una nuova amante, lasciando Gervaise sola a dover sfamare i suoi due bambini. La fortuna sembra essere però dalla sua, quando la donna incontra Coupeau, un operaio che non ha alcun vizio immorale, onesto e grande lavoratore, che è disposto a sposare Gervaise e a prendere con sé i figli di lei. Dopo il loro felice matrimonio nasce la piccola Nanà, che sarà poi la protagonista dell'omonimo romanzo. Gervaise e Coupeau riescono a prendere in affitto un appartamento modesto ma confortevole e grazie al duro lavoro e ai risparmi, Gervaise riesce ad aprirsi una lavanderia. Grazie a tale attività i guadagni della coppia aumentano, tanto da poter permettere loro di condurre una vita benestante.

Tuttavia i problemi cominciano quando Coupeau è in congedo a causa di un incidente sul lavoro e nei momenti liberi comincia a frequentare la distilleria di padre Colombe, soprannominata appunto "L'Assommoir", l'ammazzatoio, in quanto tutti i suoi avventori cadono presto vittime dell'alcolismo, scialacquando tutti i loro risparmi che puntualmente finiscono nelle tasche di Colombe. Coupeau, purtroppo, fa proprio quella fine, comincia a bere e trascura i bisogni della famiglia. Nel frattempo Lantier ritorna da Gervaise e riesce ad ottenere dalla donna il permesso di condividere con loro l'appartamento. Lantier, però, non offre alcun aiuto anzi, vive di fatto sulle spalle di Gervaise, che ormai è rimasta la sola a dover portare il pane a casa.

In breve tempo la famiglia cade in disgrazia: Nanà scappa di casa, dove condurrà una vita dissoluta, arrivando (alla fine del romanzo dedicato a lei) a prostituirsi, Coupeau impazzisce a causa dei fumi dell'alcol e viene ricoverato in manicomio, la bottega di Gervaise viene venduta e la donna ormai sola e nella miseria più totale viene spinta a bere, diventando presto una nuova vittima dell'Ammazzatoio.

Un romanzo che comincia male e finisce peggio, dove troviamo la protagonista che per quanto si sforzi di condurre una vita onesta, priva di vizi e di sbarcare il lunario per assicurarsi una vita dignitosa, viene irrimediabilmente risucchiata in quel contesto malsano e fatiscente dove viveva la classe operaia, fiaccata dal lavoro in condizioni inumane, ridotta alla fame dai salari troppo bassi e spinta a fare un costante uso di alcolici per tirarsi su e andare avanti in qualche modo.

In particolare è significativa la descrizione che Zola fa del locale di padre Colombe, in particolare del bollitore usato per distillare la micidiale bevanda alcolica, ovvero l'assenzio, che all'epoca era molto più "grezzo" e perciò più devastante per chi ne faceva abuso. L'Assommoir ci viene descritto con caratteristiche animalesche, come se l'autore stesse osservando una bestia feroce assetata di nuove vittime da mietere, riflesso del suo proprietario, assetato di denaro e incurante delle condizioni in cui a lungo andare versano i suoi avventori. Nel romanzo di Zola non c'è spazio per il lieto fine, né per la speranza di migliorare in qualche modo le proprie condizioni. I personaggi sono intrappolati nel contesto in cui vivono e solitamente o ci muoiono o soccombono al vizio. Una triste realtà che riflette le reali condizioni in cui versava questa parte della società per tutto l'Ottocento e per tutta la prima metà del Novecento.


Bene, carissimi lettori. L'articolo sul nostro caro Zola termina qui, spero che vi sia piaciuto. Vi invito come al solito a lasciarmi un like o un commento e a seguirmi su Instagram e Facebook per rimanere sempre aggiornati sui miei contenuti.

Vi mando un dolce saluto e...alla prossima!


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